Sebbene non esista una definizione univoca, convenzionalmente i rifiuti plastici sono stati suddivisi in quattro classi in base alla loro dimensione (macroplastica, mesoplastica, microplastica e nanoplastica) a cui si aggiungono ulteriori criteri come forma e struttura, colore e origine (vedi figura sottostante, Hartmann et al., 2019). Oltre che su base dimensionale, queste particelle sono suddivise su base composizionale (composizione chimica del polimero). I polimeri plastici più comuni sono il polietilene tereftalato (PET), polistirene (PS), cloruro di polivinile (PVC), polietilene (PE). Questi materiali sono caratterizzati da elevata eterogeneità di forma e colore e lunga persistenza nell'ambiente. La classificazione per origine comprende due classi: particelle primarie e secondarie. Le MPs e NPs primarie sono fabbricate industrialmente, come abrasivi (acido acrilico o perline di poliestere), microsfere utilizzate nei prodotti cosmetici (ad es. scrub, dentifricio, creme solari ecc.) e materiali decorativi, tra cui paillettes e glitter. Quelle secondarie hanno origine dalla degradazione di oggetti di plastica più grandi quando esposti a diversi processi fisici, chimici e biologici nell'ambiente naturale, che si frammentano in pezzi più piccoli e irregolari come fibre tessili sintetiche e particelle di usura degli pneumatici. Nelle acque dolci, tipicamente le particelle di MP provengono da quest'ultima categoria (Parker et al. 2022).